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Scuola online
digitale 10/06/2021

ALFABETIZZAZIONE DIGITALE

Testimonianza della prof. Esther Maffi

La prima domanda posta a noi stessi è stata: davvero questi ragazzi, nativi digitali che ci bagnano il naso in quanto a conoscenze informatiche, hanno bisogno di una Digital Literacy?

La risposta è meno scontata e univoca di quanto possa sembrare. Risponderemo di no quando si tratta di conoscenze, di creazione di elaborati digitali: i ragazzi della scuola media sono preparatissimi. Hanno creato dei video da premio Oscar e dei contenuti sulla piattaforma Google che mettono in imbarazzo persino i docenti. Forse è anche grazie all’eredità positiva del lockdown che li ha visti “smanettare” con il computer più di quanto già non facessero.

Risponderemo di sì, quando si tratta di competenze digitali. Perché se in ambito didattico la distinzione tra conoscenza e competenza ci è ben chiara, nel linguaggio digitale il discorso è un po’ diverso.

Creano contenuti incredibili ma non conoscono quelle che sono le regole della privacy, della sicurezza, della protezione dei dati: condividono tutto consapevoli solo in minima parte del potenziale universale del mondo di internet. “Su Internet è per sempre”, recita il famoso spot della Pepita onlus. E anche se per noi adulti il richiamo è inevitabile (la pubblicità che declamava “un diamante è per sempre”) sappiamo bene che un post on line è spesso più duraturo di una relazione sentimentale.

Prima di tutto è stato importante contestualizzare il digitale. Cosa si intende? Le tematiche sono differenziate in base alla classe; la prima media si è focalizzata sul cyberbullismo e sulle buone prassi per un utilizzo responsabile di cellulari, tablet e computer.

La parola cyberbullismo ormai fa parte della loro vita. Ma cosa è davvero il bullismo online? Quali sono le implicazioni? Quali le conseguenze? Quante storie sei disposto ad ascoltare prima di riflettere davvero sul tema?

Abbiamo letto articoli, confrontato esperienze, approfondito cause e conseguenze di questa problematica. Perché se forse è facile immaginare come si possa sentire un ragazzo che subisce bullismo online non è altrettanto semplice (almeno per un preadolescente) riconoscere le cause che portano “i bulli” ad essere tali. Perché qualcuno dovrebbe insultare qualcun altro attraverso uno schermo? Cosa scatta nella mente di una persona che la porta ad essere aggressiva sul web?

Come già avrete capito, amiamo porci un sacco di domande. E la cosa bella è che non abbiamo fretta di trovare le risposte, ma ci piace cercarne più d’una, deviando dalla strada principale per infilarci nelle viuzze e guardare i fatti da diverse prospettive.

La seconda media invece ha lavorato nel primo quadrimestre con il linguaggio, distinguendo tra formale e informale (sempre approcciandosi al mondo di internet), e nel secondo con i dati e la privacy.

“Questo sito utilizza cookie tecnici, propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione del sito o confermando tramite il tasto “Accetto” ne accetti l’utilizzo. Se vuoi saperne di più, leggi Più informazioni…”

Quanti di voi, onestamente, hanno mai cliccato su quella locuzione: “più informazioni?”

Noi non lo facciamo e nemmeno i ragazzi; abbiamo una vaga idea di cosa siano questi “biscotti” digitali ma non siamo mai andati a fondo.  Noi adulti siamo i primi a cliccare quell’apparentemente innocuo “accetta” quando visitiamo un sito internet. Ma sappiamo cosa stiamo accettando? Come e dove verranno usati i nostri dati?

La più grande difficoltà di questo progetto sta nel mantenere un equilibrio tra la consapevolezza e il terrorismo psicologico. L’obiettivo di Digital Literacy non è quello di spaventare i ragazzi affinché usino lo strumento digitale con scetticismo, ma al contrario, che se ne innamorino consapevoli che, come in tutte le storie d’amore, la forza sta nel compromesso, nella verità e nell’attenzione.

Mi torna in mente la mia infanzia quando mia mamma non voleva farmi andare a scuola in bicicletta perché “è pericoloso”. Cara mamma, oggi posso dirtelo, hai toppato. La bicicletta non è pericolosa se si indossa il casco e si è consapevoli delle regole della strada. Così è il mondo digitale r così stiamo cercando di trasmetterlo ai ragazzi, con la sicurezza di chi indossa sempre il casco ma va senza paura.

La terza media ha lavorato su tematiche più specifiche del mondo del marketing e della profilazione, affrontando per esempio il mondo dei big data. Sì, lo so che siete andati a cercare su Google di cosa sto parlando. Potete guardare questi brevi video realizzato da alcuni ragazzi che capire di cosa stiamo parlando.

A cosa servono dunque i big data? Quali le nostre abitudini profilate?

Ma cosa significa poi, PROFILARE? E cosa importa alle aziende se io preferisco la Coca Cola o la Pepsi?

Essere consapevoli dei passi che si muovono nel web è essenziale per promuovere responsabilità e attenzione verso un mondo che non ha fine e si rigenera giorno dopo giorno. Lo scopo non è quello di demonizzare lo strumento, anzi: la volontà è quella di dare ai ragazzi le competenze per utilizzarlo in maniera ottimale.

Quelli della mia generazione, del Nokia 3210 e degli sms a 30 centesimi nutrono un timore che non sanno spiegare quando ricevono un’infarinatura sulle regole del digitale. I ragazzi della scuola media invece non temono nulla: sanno che il loro operato sul web è limitato perché sono minori, sanno che devono stare attenti con i loro profili social perché il malintenzionato è dietro l’angolo. Quello che non sanno è che il web stesso, figura mitologica del www ( che se vogliamo può essere Grande, Gigante e Gentile come il GGG di Roald Dahl) può potenzialmente importunarti e sedurti. Se conosci le strategie di internet ne puoi sfruttare a pieno le potenzialità senza rimanerci incastrato.

Questo è Digital Literacy: non solo il cosa e il come, ma anche il perché.

Tutto questo è possibile in inglese, grazie alla metodologia Cambridge, più volte snocciolata quando si parla di innovazione al Sant’Alessandro, e non vorrei tediarvi elencando di nuovo tutte le strategie educative proposte.

Già nel 2007 i dati indicavano che la lettura dei testi oscillava tra il 62 e il 70% del contenuto totale; se siete arrivati qui, datevi una pacca sulla spalla: avete una soglia di attenzione più alta della media nazionale.