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Scuola online
Succede a scuola 06/11/2025

QUANDO LA STORIA INCONTRA LA FEDE

Quando spieghi la Chiesa all’inizio del Medioevo e il monachesimo in prima media, solitamente le lezioni filano lisce e non è uno di quegli argomenti che attiva i ragazzi con domande e discussioni. Ma quest’anno è stato diverso: i ragazzi erano molto incuriositi dalla figura del “presbitero”, l’uomo di Dio, celibe e casto, che dedica la sua vita al lavoro, alla preghiera, al prossimo.

Ma perché i preti non possono sposarsi?
Ci sono religioni in cui il matrimonio è permesso, come mai?
Va bene nel Medioevo, ma nel 2025…
Ma se una suora si innamora?
Ma i voti sono per sempre?
Ma che differenza c’è tra un monaco e un prete?
Perché alcuni fanno la scelta della clausura?
Profe lei non pensa che i preti debbano potersi sposare?
Aiuto!

Il tema era spinoso, e io poco preparata a gestire le domande. Non volevo però che la loro curiosità non venisse soddisfatta e allora ho chiesto aiuto. Ho chiamato il nostro padre spirituale, Don Marco Nicoli, che si è reso subito disponibile ad entrare in classe ed affrontare le domande incalzanti dei ragazzi.
Per sciogliere il ghiaccio, alcuni alunni che fanno i chierichetti hanno raccontato un paio di avventure esilaranti: dalla particola caduta per terra, pestata, raccolta e mangiata, all’aspersorio caduto e… Acqua benedetta dappertutto.

Don Marco è stato molto dolce, ha ascoltato le storie dei ragazzi e ha saputo affrontare con destrezza anche quella che “don una volta il mio parroco si è arrabbiato così tanto che ha detto una parolaccia”.
Siamo uomini.
E gli uomini sbagliano.
Si scusano.

Poi ha virato il discorso, dall’uomo che sbaglia, all’uomo che ama. Ha raccontato il suo percorso formativo, prima e dopo il seminario; ha messo su un piatto alla mercé dei ragazzi la sua fragilità di persona, che ha dubitato, che ha avuto paura, ma che poi ha deciso e scelto con grande gioia.
I dubbi? Il sogno di una famiglia, di avere dei figli, di essere padre, lui che il suo papà l’ha perso da ragazzo e ne ha compreso a fondo l’importanza nella vita di un bambino. Ma la risposta poi se l’è data, o l’ha ricevuta inaspettatamente durante un pomeriggio:
“I preti sono padri di tutta la comunità, hanno tantissimi figli”, e allora ho aperto il mio tablet e mentre don Marco proseguiva il suo racconto ho cercato una frase che aveva detto papa Francesco, che non ricordavo bene, ma che mi era balenata in testa… Eccola!

“La paternità di un sacerdote fa tanto bene. Non sono filantropi o funzionari, i preti sono padri e fratelli”

E qui non è questione di fede, io ne sono convinta. Io posso credere, o non credere. Avere fede, o cercare in tutto la razionalità delle cose. Ma una persona che sceglie di spendere la sua vita, le sue azioni, il suo tempo, le sue energie per l’Altro, lo fa sì perché crede, ma soprattutto per amore verso il prossimo. Che poi è un po’ la scelta dell’educatore, mettersi a disposizione dell’Altro, partecipare alla costruzione del sentiero formativo di un ragazzo aggiungendo qualche tassello di conoscenze, di competenze, d’amore incondizionato.

Don Marco ha saputo spiegare con delicatezza ma con passione la sua scelta, il perché del celibato, il bisogno di non vincolare a sé delle persone per potersi dedicare a tutti senza riserve, amare egualmente, senza preferenze.
Accogliere senza incatenare, legare senza corde, includere senza condizioni.

Io ero profondamente commossa, ma avevo il timore che per i ragazzi fosse troppo, che le riflessioni proposte fossero difficili, oscure, lontane dal loro quotidiano “materiale”.
E invece erano a bocca aperta, in silenzio, affascinati da questo giovane don che parlava col cuore in mano.
Ha reso così semplice l’idea di aiutare il prossimo, di amare il nostro vicino, di prenderci cura dell’Altro indipendentemente da chi siamo, da che fede abbiamo…
Ha toccato i cuori e sono certa che abbia acceso una luce all’interno della testolina dei nostri ragazzi; la semina è stata fatta. Oggi, grazie a Don Marco, il concetto di ‘servizio’ non è più una parola del libro di storia, ma una luce accesa. E spero che, tornando a casa, il primo, vero passo che faranno i nostri studenti sia stato pensare: “E se invece che io, pensassi a un Noi?”

Prof.ssa Maffi